La Rugby Roma ritrova la Coppa Italia e per l’occasione sfiderà, domani alle 14.30 a Tor Pagnotta, una delle big del massimo campionato Elite: il Rovigo. Un trofeo e un avversario che riportano il club bianconeroverde indietro nel tempo, ai trionfi del 1999 e del 2011. Ricordi che nelle intenzioni della società che ha ereditato quel glorioso passato, devono rappresentare uno stimolo che possa contribuire a riportare la Rugby Roma dove il suo blasone merita: tra le grandi della massima divisione. Il barrage di Coppa Italia con Rovigo, complici le due categorie di differenza che oggi separano le due squadre, potrebbe rappresentare la classica partita senza storia, un risultato già scritto, ma non è con questi presupposti che si gettano le fondamenta di una stagione tutta da giocare.

Lo sa bene l’head coach Daniele Montella: “I nostri daranno tutto, sarà un’occasione unica. In squadra abbiamo chi da bambino ha vissuto dalle tribune da tifoso le sfide con Rovigo, ci aspettiamo che daranno il massimo. Hanno lavorato tantissimo, come mai prima: la prima discriminante era chi si allena la gioca. Avverto un bel clima, quasi di magia. E la pressione è tutta su di loro, che dovranno obbligatoriamente tornare a casa con una larga vittoria. Noi possiamo solo fare bella figura”. La sfida di Coppa Italia con Rovigo rappresenterà anche l’occasione per inaugurare il rapporto di collaborazione nato con la Primavera. “Intraprendiamo un percorso congiunto per lo sviluppo der ragazzi”, spiega Montella. “Finalmente abbiamo trovato un club con il quale condividiamo la medesima filosofia”. Decisivo anche il ruolo apicale che è andato a ricoprire Simone Santa Maria alla Primavera, per non parlare di Simone D’Annunzio, al quale, dopo anni di collaborazione con Montella, è stata affidata la guida della prima squadra del club di Roma Nord. “Per due anni con Santa Maria abbiamo condiviso il progetto Ready to Grow, con il quale ha letteralmente formato la nostra filosofia”. E per la Coppa Italia nei 23 della Rugby Roma ci saranno 6 elementi della Primavera, come previsto dal regolamento del torneo. "Aggiungeranno energie positive”, dice Montella.

Il torneo negli anni ha cambiato talvolta denominazione, passando da Coppa Italia alle stagioni del così detto Trofeo Eccellenza, per ritrovarsi ribattezzato un anno fa anche come Serie A Elite Cup, coerentemente con le schizofreniche modalità federali. Ma, a proposito di ricordi, la Rugby Roma ne ha due felici nel torneo: i trionfi del 1999 a Parma (Coppa Italia) su Calvisano (25-20), che aprì poi la strada allo scudetto conquistato l’anno dopo sempre sotto la guida di Gilbert Doucet, e del 2011 a Prato (Trofeo Eccellenza) su Mogliano (33-12), con il sudafricano Danie de Villiers in panchina.

Nella sfida con Calvisano, fondamentali furono i calci di Gert Peens e la meta di Fabio Roselli. E proprio Fabio ci racconta: “Il ricordo più vivo di quel periodo, al di la della partita, riguarda la consapevolezza che avevamo raggiunto, eravamo una squadra competitiva, molto unita e con tanta fame. Sapevamo di essere al culmine di un viaggio iniziato 10 anni prima, forti anche del fatto di avere un’ossatura composta da ragazzi delle giovanili che negli anni precedenti avevano dominato i campionati juniores. E a quel punto subentrò anche la maturità. Sapevamo di poter lottare con le altre per vincere. Era un momento in cui il rugby italiano di vertice era diventato imprevedibile, con tante realtà, come noi, come Parma, Viadana, lo stesso Calvisano, L’Aquila. Tutti potevano battere tutti. Era un campionato molto agguerrito e imprevedibile”. Una delle chiavi fu anche l’arrivo di Doucet: “La squadra fu completata con innesti azzeccati e di qualità, mentre Gilbert resta uno dei più grandi condottieri che la Rugby Roma abbia mai avuto. Non ricordo particolari precisi di quella vigilia, ma ricordo che prima di ogni partita Gilbert raccontava storie di Roma, dell’Impero, sei suoi condottieri. Era una chiave culturale azzeccatissima”.

Nella finale di Prato del 2011, grande protagonista dalla piazzola fu l’inglese Luke Myring, approdato alla Rugby Roma dopo l’autoretrocessione della Capitolina, che trasformò le 3 mete e realizzò 4 piazzati. Myring, apertura di estrazione, in quella stagione, complice l’arrivo dell’altro numero 10 argentino Luciano Rodriguez, giocò prevalentemente da primo centro. “Nelle grandi occasioni ho sempre dato il meglio”, ricorda Myring. “In quella stagione emersero tutte le difficoltà economiche della società. Ma la squadra seppe andare oltre. I giocatori non erano felici, l’allenatore non era felice, ma nella difficoltà il gruppo decise di stringere i denti fino alla fine, decidemmo che lo avremmo fatto per noi stessi, per le persone che nonostante tutto ci aiutavano e per i nostri tifosi. Questo ci ha dato una grande determinazione per quella partita, che volevamo assolutamente vincere. Fu una stagione frustrante, perché avevamo una buonissima squadra, ma alle spalle una società che non ci supportò. Non è facile per dei giocatori professionisti scendere in campo per allenarsi e per le partite senza essere pagati. Ma proprio per questi motivi, quella vittoria su Mogliano resta uno dei momenti della mia carriera ai quali sono più affezionato: negli spogliatoi prima della partita si respirò un’atmosfera diversa. Avremmo potuto lottare anche per lo scudetto, ma le difficoltà societarie inetivabilmente ci condizionarono”. Della finale, Luke ha anche un altro ricordo: “Tornammo a Roma con il pullman e andammo direttamente in centro a festeggiare. Io la mattina dopo avevo un volo per l’Inghilterra alle 6 e 30 e da lì andai direttamente in taxi all’aeroporto…”.

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