Le condizioni precarie di Marco Pollak gli offriranno subito la chance della seconda presenza consecutiva, dopo avere pazientemente aspettato un po’ per bagnare finalmente l’esordio in Serie A: ma oggi Filippo Cappucci può dire di avere chiuso un cerchio. Un cerchio che si era aperto da piccolo spettatore, quando nel 2009 era entrato al Tre Fontane per vedere la Rugby Roma affrontare il Racing Parigi nelle coppe europee. “Avevo iniziato da pochissimo, gli allenatori ci avevano detto che c’era bisogno di tifo e andammo. Ricordo che in quel periodo loro, oltre agli italiani, come Carlo Festuccia, avevano in campo una parata di stelle. Ricordo benissimo il sudafricano Frans Steyn, che era diventato da poco campione del mondo e che lo sarebbe diventato ancora. E guardandoli pensavo che mi sarebbe piaciuto un giorno poter scendere in campo e affrontare tutti quei campioni”.

Magari Pippo quei campioni non li avrà affrontati, ma oggi a 32 anni può orgogliosamente dire di avere contribuito in primissima persona a fare in modo che la Rugby Roma possa di nuovo aspirare a quei palcoscenici. Perchè Cappucci, esattamente come il pilone Francesco Ralaimaroavomanana, con l’esordio in Serie A nel derby con la Lazio ha completato un percorso che era iniziato dalla C, ovvero dalla rinascita della Rugby Roma dopo il fallimento. “Che poi noi eravamo partiti proprio con quella Rugby Roma che ancora giocava il Top 10 e le coppe europee e vedevamo quei giocatori come dei miti”, racconta Cappucci. “Questo senso di appartenenza ci è rimasto dentro e quando si è ripartiti da zero, dopo le varie vicissitudini, abbiamo sempre avuto come obbiettivo quello di riportarla più in alto possibile”. Magari anche per questo Pippo ha rimandato il ritiro: “Tra matrimonio e nuovo lavoro, alla fine della scorsa stagione avevo pensato di smettere, ma il richiamo è stato tropppo forte e provare a giocare anche in questo campionato rappresentava una sfida che non volevo perdermi. Lavoro in Unisalute, ci occupiamo di consulenza per le aziende in ambito di welfare”. Dopo la sconfitta con la Lazio, l’ottava giornata di campionato poporrà alla Rugby Roma la complicata trasferta di Avezzano. “Una squadra molto ostica, molto dura, molto fisica e che soprattutto in casa difficilmente si lascia intimorire dall’avversario”, dice Cappucci. “Sarà una battaglia su tutti i palloni. Probabilmente siamo due squadre sullo stesso livello, penso come Livorno e Capitolina: credo che queste quattro squadre si giocheranno la corsa al terzo, quarto posto. Tolte Lazio e Prato, penso che possiamo giocarcela, perché è vero che siamo una neopromossa, ma ritengo che la squadra sia al livello di questo campionato e infatti in ogni partita stiamo proponendo un rugby sempre migliore. Noi qui ci troviamo meglio che nella Serie B dell’anno scorso. Anche la preparazione di ogni partita è cambiata, è sempre molto accurata, c’è tanto lavoro dei tecnici dietro, ci propongono un approccio alle partite di livello completamente differente. Si prepara l’avversario e si cerca una proposta ogni settimana qualitativamente più alta. Personalmente è difficile analizzare quei 10 minuti che ho giocato con la Lazio, ma si vede che gli impatti sono più importanti e che non c’è spazio per l’errore. La Lazio infatti ha giocato tantissimo su nostri errori, tre, quattro mete potevamo evitarle con una concentrazione più alta. Ma a questo livello la differenza sta tutta lì: non perdere il focus sulle cose da fare”.

Cappucci è originario di Monteverde, ma oggi vive al Fleming e quindi per ogni allenamento deve sorbirsi un po’ di traffico… “Ma il cuore mi ha sempre riportato alla Rugby Roma e quei chilometri non mi pesano. Io avevo fatto un po’ di rugby da bambino alla Capitolina, ma per i miei genitori era complicato portarmi, quindi sono passato ad altri sport, calcio, basket, arti marziali. Ai primi anni di liceo cercavo però uno sport che mi permettesse di espellere tutte le mie energie e ho ritrovato il rugby. I primi allenatori sono stati Alessandro Cioni ed Eugenio D’Auria. Mi sono innamorato di questo sport e non l’ho più lasciato”. Anche se oggi tenere il passo non è così facile: “Quando ho iniziato ero sempre il più giovane in squadra, correvo più di tutti. Oggi si fa un po’ fatica a stare dietro ai 2000, che tra l’altro ho visto crescere. Ma tra campo e palestra, e fra tante difficoltà, si cerca comunque di fare quello sforzo in più per farsi trovare pronti quando serve alla squadra”. Una squadra che oggi è qualcosa di più: “Io ho vissuto quel periodo dell’esodo, quando non avevamo un campo dove allenarci e giocare. Vedere tutto quello che è stato fatto per costruire quella che oggi è la nostra splendida casa, tutti i sacrifici fatti, è la nostra motivazione. Sapere di poter arrivare al campo e trovare sempre un compagno e un amico a qualsiasi ora è impagabile. E’ la vera forza di questo club”. Magari domenica la Rugby Roma non sfiderà il Racing Parigi, ma è anche grazie ai sogni di ragazzi come Cappucci che può pensare di poter tornare a frequentare quei palcoscenici.

Questa la formazione della Rugby Roma per la sfida di domenica con l’Avezzano Rugby (Stadio Angelo Trombetta, ore 15): 15 Adriani; 14 Fabio, 13 Battarelli (c), 12 Zorobbio, 11 A.Pastore Stocchi; 10 Valsecchi, 9 Casagrande; 8 Elias, 7 Perissa, 6 Cioni; 5 Fatucci, 4 Bernasconi; 3 Battisti, 2 Rivas, 1 Chiotti. A disposizione: 16 Trivilino, 17 Vivaldi, 18 Lo Guzzo, 19 Ralaimaroavomanana, 20 Falcini, 21 D’Angeli, 22 Cappucci, 23 Manzi. 

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