Nell’immaginare il girone del campionato di Serie A che vedrà impegnata la nostra Rugby Roma, con altre quattro squadre laziali coinvolte e regioni confinanti come Campania, Abruzzo e Toscana, ho pensato alla possibilità che ci veniva offerta: quella di vedere tutte e dodici le squadre coinvolte raccolte in un’unica data e un’unica location per lanciare tutti insieme questa nuova stagione. Ci abbiamo lavorato, il nostro head coach Daniele Montella ha fatto da collettore e tessuto la tela sulla quale sabato 9 settembre al campo della Rugby Roma tutti insieme andremo a dipingere il quadro della nostra nuova stagione. Immaginavo questo evento chiedendomi cosa ci aspettiamo noi presidenti, gli atleti, i tecnici da questo torneo, a parte le ovvie e legittime ambizioni di quelle due, tre squadre che punteranno alla promozione in Elite. Io penso che questo campionato possa diventare una vetrina, dalla quale tirare fuori nuovi iscritti, maggiore visibilità, maggiori informazioni per chi magari di rugby non sa. Perché è vero che di rugby in Italia si sa molto, ma si conoscono i risultati della Nazionale, si segue il Sei Nazioni, ma la gente che vive nei quartieri delle nostre città, lo sa che magari dietri al cortile di casa, dietro la parrocchia c'è una squadra di rugby? La gente che si è avvicinata al rugby dal nulla lo ha fatto innanzi tutto per il grande battage pubblicitario intorno alla Nazionale, ma poi come può venire a sapere che ci si può avvicinare al rugby in maniera diversa rispetto all’Olimpico?
L’idea del lancio del nostro girone del campionato di Serie A nasce proprio da questa esigenza: mettere a sistema le necessità di dodici squadre diverse, che rappresentano dodici territori diversi e provare a far germogliare questa pianta. Non vogliamo disperdere tutta questa potenzialità e ridurre il tutto a una giornata di buone intenzioni. Vorremmo che tutti mettano sul tavolo idee e proposte, perché solo agendo insieme si potrà ricavarne un beneficio e il beneficio comune è beneficio di tutti. Se in campo ci si scontrerà sempre, con lealtà, e si sarà sempre avversari, io ritengo che fuori si debba seguire una linea comune di comunicazione, per ottenere una visibilità a oggi completamente inesistente. Chi parla di noi? Nessuno? Magari no, ma pochissimi, e sporadicamente. Perché? Non lo so, ma dobbiamo smetterla di incolpare altri per una visibilità che non arriva, dobbiamo attrezzarci per diventare più attrattivi, proponendo un prodotto che rappresenti tutte e dodici le squadre del girone. Una giornata di visibilità per lanciare un campionato, come accade con realtà più grandi di noi e di serie maggiori, se poi però non viene seguita da una serie di operazioni mirate, non lascia nessuna eredità. Non sono presidente da tantissimo tempo, posso non avere l’esperienza dirigenziale di altri colleghi, ma da vecchio giocatore mi interrogo spesso su come si possa crescere: un network di radio delle varie città e regioni coinvolte che ci seguanio con continuità raccontando oltre alle partite la vita e la storia di questi club, interventi mirati per portare al campo le scuole, un campionato fra le scuole, anche se in questo caso ci vorrebbe una linea stretegica e politica nazionale impostata dalla nostra Federazione. Se dovessi stimolare una Federazione ad agire per il bene dei suoi club di base, non chiederei soldi, ma interventi politici concreti.
Mi piacerebbe anche aumentare l’appeal delle nostre squadre con eventi creati da noi e per noi: penso magari a selezioni dei tre gironi della Serie A, a una sfida internazionale, un club a inviti. Eventi per farci conoscere e apprezzare, per generare ulteriore interesse e dare ulteriore soddisfazione ai nostri atleti. Ecco a cosa vorrei servisse la giornata del 9 settembre, quando le altre undici squadre di Serie A arriveranno a Tor Pagnotta per lanciare insieme a noi la nuova stagione: comprendere qual è il nostro livello e mirare a una giusta comunicazione locale. Ricordandoci una cosa: siamo noi del rugby locale la locomotiva del rugby di vertice. Senza chi cresce i giocatori e li fa diventare talenti, non si giocherebbe più a rugby. Non abbiamo in tasca la soluzione per creare nuove generazioni di rugbisti, ma se penso al nostro campionato di Serie A, penso che la dodici squadre debbano trovare una strada comune per dare valore alle rispettive storie, ai rispettivi territori. Se dall’alto l’apporto che arriva è abbastanza scarso, dobbiamo essere noi a innaffiare e far germogliare questa pianta.
Roberto Corvo
Presidente Rugby Roma